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Lontano, lontano da qui, in un mare dal nome strano, c'era una piccola isola, con le spiagge bianche e le colline verdi. Sull'isola c'era un castello e nel castello viveva un piccolo re. Era un re abbastanza strano, perché non aveva sudditi. Nemmeno uno.Ogni mattina il piccolo re, dopo aver sbadigliato ed essersi stiracchiato, si lavava le orecchie e si spazzolava i denti; poi si calcava in testa la corona e cominciava la sua giornata. Se splendeva il sole, il piccolo re correva sulla spiaggia a fare sport. Era un grande sportivo. Deteneva infatti tutti i record del regno: da quello dei cento metri di corsa sulla sabbia, al lancio della pietra, a tutte le specialità di nuoto, eccetto lo sci acquatico, perché non trovava nessuno che guidasse il reale motoscafo. E dopo ogni gara, il re si premiava con la medaglia d'oro. Ne aveva ormai tre stanze piene. Ogni volta che si appuntava la medaglia sul petto, si rispondeva con garbo: "Grazie, maestà!". Nel castello c'era una biblioteca, e gli scaffali erano pieni di libri. Al re piacevano molto i fumetti d'avventure. Un po' meno le fiabe, perché nelle fiabe tutti i re avevano dei sudditi. "E io neanche uno!" si diceva il re. "Ma come dice il proverbio: è meglio essere soli che male accompagnati". E quando faceva i compiti, si dava sempre dei bellissimi voti. "Con i complimenti di sua maestà", si dichiarava. Una sera, però, sentì un certo nonsoché che lo rendeva malinconico; camminò fino alla spiaggia, deciso a cercare qualche suddito, e pensava: "Se solo avessi cento sudditi". Allora proseguì sulla spiaggia verso destra, ma la riva era completamente deserta. "Se solo avessi cinquanta sudditi", disse il re; tornò indietro e camminò sulla spiaggia verso sinistra fino a che poté, ma la riva era ugualmente deserta. Il re si sedette su uno scoglio ed era un po' triste; e di conseguenza non si accorse nemmeno che quella sera c'era un magnifico tramonto. "Se solo avessi dieci sudditi, probabilmente sarei più felice". Notò lontano sul mare alcuni pescatori sulle loro barche e si rallegrò. "Sudditi", gridò il re; "sudditi, da questa parte, ecco il re, urrà!". Ma i pescatori non lo sentirono, e tutto quel gridare rese rauco il re. Tornò a casa e scivolò sotto la sua bella trapunta colorata; si addormentò e sognò un milione di sudditi che gridavano "urrà" nel momento in cui lo vedevano. Non dormì a lungo. Un vociare forte e disordinato lo svegliò. Il piccolo re non aveva sudditi, ma aveva dei nemici accaniti. Erano i pirati del terribile Barbarossa. Sembravano sbucare dall'orizzonte, con la loro nave irta di cannoni, con i loro baffi spioventi e il ghigno feroce, e i coltellacci fra i denti. "All'arrembaggio!", gridava Barbarossa, il più feroce di tutti. E i trentotto pirati entravano urlando nel castello e facevano man bassa di tutto quello che trovavano. A forza di scorrerie, nel castello era rimasto ben poco di asportabile, così i pirati avevano preso l'abitudine di riportare qualcosa ogni volta per poterlo rubare nella scorreria successiva. Il piccolo re aveva una paura tremenda dei pirati e soprattutto del crudele Barbarossa che ogni volta sbraitava: "Se prendo il re, lo appendo all'albero della nave!". Così, quando sentiva arrivare i pirati, si nascondeva in uno dei tanti nascondigli segreti del castello. Dentro, rannicchiato nel buio, aspettava la partenza dei pirati. Era così da tanto tempo ormai, e il piccolo re non si sentiva affatto un fifone. "Se avessi un esercito", pensava, "Barbarossa e la sua ciurma non la passerebbero liscia". Un mattino, il re si svegliò a un suono completamente nuovo. Lo ascoltò e si rese conto che non aveva mai udito un suono simile. "Forse sono arrivati i miei sudditi", pensò il re, e andò ad aprire la porta. Sul gradino della porta sedeva un enorme gatto arancione. "Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà". "E io sono il gatto", disse il gatto. "Tu sei mio suddito", disse il re. "Lasciami entrare", ribatté il gatto; "ho fame e ho freddo". Il re lasciò entrare il gatto nella sua casa, e il gatto fece un giro intorno e vide quanto era grande e confortevole. "Che bellissima casa hai". "Sì, non è male", disse il re; e improvvisamente si accorse di tutte le cose che non aveva mai visto in molti anni. "E' perché io sono il re", disse il re; ed era molto soddisfatto. "Io resterò qui", decise il gatto, e si sistemò nella casa per vivere con il re; e il re fu felice perché ora aveva finalmente un suddito. "Dammi del cibo", disse il gatto, e il re corse via immediatamente per andare a prendere cibo per il gatto. "Fammi un letto", disse il gatto; e il re corse alla ricerca di una trapunta e di un cuscino. "Ho freddo", disse il gatto; e il re accese un fuoco affinché il gatto potesse scaldarsi. "Ecco fatto, signor Suddito", disse il re al gatto. E il gatto rispose: "Grazie, signor Re". E il re non notò neppure che, sebbene fosse il re, serviva il gatto. Il tempo passava e il re era felice in compagnia del gatto, e il gatto mostrava al re ogni cosa che il re nella sua solitudine era riuscito a dimenticare: il tramonto, la rugiada del mattino, le conchiglie colorate e la luna che scivolava attraverso il cielo come la barca dei pescatori sul mare. Qualche volta accadeva al re di passare davanti a uno specchio, e quando vedeva la sua immagine diceva: "Il re, urrà". E si salutava. Non era più il campione assoluto dell'isola. Il gatto lo batteva nel salto in alto, in lungo e nell'arrampicata sugli alberi; ma il re continuava a eccellere nel nuoto e nel lancio della pietra. Un mattino, il re sentì bussare alla porta del castello. Corse ad aprire, pensando: "Arrivano i sudditi". Si trovò davanti un piccoletto con la faccia allegra. Era un pinguino, con la camicia bianca e il frac di un bel nero lucente. "Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà". "E io sono un pinguino", disse il pinguino. "Tu sei mio suddito", disse il re. "Lasciami entrare", ribatté il pinguino; "ho fame e ho i piedi congelati. Sono stufo di abitare su un iceberg". Il re lasciò entrare il pinguino nella sua casa e gli presentò il gatto, che fu molto felice di fare conoscenza con il pinguino. "Penso che mi fermerò qui con voi", disse il pinguino.
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Andrei con questa nave qualche giorno nei mari del SuD per una rilassante vacanza. E' bellissima, ciao Anna
RispondiEliminaQuanta bravura e passione in questa torta!
RispondiEliminaSono senza parole, complimenti davvero ^__^
RispondiEliminaMiky
Grazie dei complimenti, fare queste torte decorate è davvero divertente, non saranno perfette, ma ci avviciniamo sempre più! Poi lavorare con mamma e Sara è un gran piacere!
RispondiEliminaE' bellissima, complimenti :) io non avrei saputo da che parte cominciare! Baci, buona giornata
RispondiEliminaCiao, passo per invitarti al mio nuovo contest sulla cucina al microonde!
RispondiEliminahttp://panperfocaccia-grianne.blogspot.it/2012/05/contest-cucina-al-microonde-con-lekue.html
Buona serata!
Cristina
ciao ! Non so cosa sia più complicato , la torta o intrattenere 30 bambini !!! complimenti, un lavoro incredibile ,sento il tuo orgoglio anche da qui ! Un abbraccione !
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