torta galeone dei pirati con cioccolato plastico

A distanza di 10 giorni  sono ancora vivi i ricordi,le emozioni e le vibrazioni della festa di compleanno di Gigi, una festa a tema, con una caccia al tesoro che ha intrattenuto ed entusiasmato per 2 ore trenta bambini di otto anni...Per  questi pirati abbiamo preparato una bellissima torta galeone  


Lontano, lontano da qui, in un mare dal nome strano, c'era una piccola isola,
con le spiagge bianche e le colline verdi. Sull'isola c'era un castello e nel castello viveva un piccolo re. Era un re abbastanza strano, perché non aveva
sudditi. Nemmeno uno.Ogni mattina il piccolo re, dopo aver sbadigliato ed essersi stiracchiato, si lavava le orecchie e si spazzolava i denti; poi si calcava in testa la corona e
cominciava la sua giornata. Se splendeva il sole, il piccolo re correva sulla spiaggia a fare sport. Era un grande sportivo. Deteneva infatti tutti i record
del regno: da quello dei cento metri di corsa sulla sabbia, al lancio della pietra, a tutte le specialità di nuoto, eccetto lo sci acquatico, perché non
trovava nessuno che guidasse il reale motoscafo. E dopo ogni gara, il re si premiava con la medaglia d'oro. Ne aveva ormai tre stanze piene.
Ogni volta che si appuntava la medaglia sul petto, si rispondeva con garbo:
"Grazie, maestà!".
Nel castello c'era una biblioteca, e gli scaffali erano pieni di libri. Al re piacevano molto i fumetti d'avventure. Un po' meno le fiabe, perché nelle fiabe
tutti i re avevano dei sudditi. "E io neanche uno!" si diceva il re. "Ma come dice il proverbio: è meglio essere soli che male accompagnati".
E quando faceva i compiti, si dava sempre dei bellissimi voti. "Con i complimenti di sua maestà", si dichiarava. Una sera, però, sentì un certo nonsoché che lo rendeva malinconico; camminò fino
alla spiaggia, deciso a cercare qualche suddito, e pensava: "Se solo avessi
cento sudditi".
Allora proseguì sulla spiaggia verso destra, ma la riva era completamente deserta.
"Se solo avessi cinquanta sudditi", disse il re; tornò indietro e camminò sulla spiaggia verso sinistra fino a che poté, ma la riva era ugualmente deserta. Il
re si sedette su uno scoglio ed era un po' triste; e di conseguenza non si accorse nemmeno che quella sera c'era un magnifico tramonto.
"Se solo avessi dieci sudditi, probabilmente sarei più felice". Notò lontano sul mare alcuni pescatori sulle loro barche e si rallegrò. "Sudditi", gridò il re; "sudditi, da questa parte, ecco il re, urrà!".
Ma i pescatori non lo sentirono, e tutto quel gridare rese rauco il re. Tornò a casa e scivolò sotto la sua bella trapunta colorata; si addormentò e sognò un
milione di sudditi che gridavano "urrà" nel momento in cui lo vedevano. Non dormì a lungo. Un vociare forte e disordinato lo svegliò. Il piccolo re non
aveva sudditi, ma aveva dei nemici accaniti. Erano i pirati del terribile Barbarossa.
Sembravano sbucare dall'orizzonte, con la loro nave irta di cannoni, con i loro baffi spioventi e il ghigno feroce, e i coltellacci fra i denti.
"All'arrembaggio!", gridava Barbarossa, il più feroce di tutti. E i trentotto pirati entravano urlando nel castello e facevano man bassa di tutto quello che
trovavano. A forza di scorrerie, nel castello era rimasto ben poco di asportabile, così i pirati avevano preso l'abitudine di riportare qualcosa ogni
volta per poterlo rubare nella scorreria successiva.
Il piccolo re aveva una paura tremenda dei pirati e soprattutto del crudele Barbarossa che ogni volta sbraitava: "Se prendo il re, lo appendo all'albero
della nave!". Così, quando sentiva arrivare i pirati, si nascondeva in uno dei tanti
nascondigli segreti del castello. Dentro, rannicchiato nel buio, aspettava la partenza dei pirati. Era così da tanto tempo ormai, e il piccolo re non si sentiva affatto un fifone. "Se avessi un esercito", pensava, "Barbarossa e la sua ciurma non la passerebbero liscia".
Un mattino, il re si svegliò a un suono completamente nuovo. Lo ascoltò e si rese conto che non aveva mai udito un suono simile. "Forse sono arrivati i miei
sudditi", pensò il re, e andò ad aprire la porta. Sul gradino della porta sedeva
un enorme gatto arancione.
"Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà".
"E io sono il gatto", disse il gatto.
"Tu sei mio suddito", disse il re.
"Lasciami entrare", ribatté il gatto; "ho fame e ho freddo".
Il re lasciò entrare il gatto nella sua casa, e il gatto fece un giro intorno e
vide quanto era grande e confortevole.
"Che bellissima casa hai".
"Sì, non è male", disse il re; e improvvisamente si accorse di tutte le cose che
non aveva mai visto in molti anni.
"E' perché io sono il re", disse il re; ed era molto soddisfatto.
"Io resterò qui", decise il gatto, e si sistemò nella casa per vivere con il re;
e il re fu felice perché ora aveva finalmente un suddito.
"Dammi del cibo", disse il gatto, e il re corse via immediatamente per andare a
prendere cibo per il gatto.
"Fammi un letto", disse il gatto; e il re corse alla ricerca di una trapunta e
di un cuscino.
"Ho freddo", disse il gatto; e il re accese un fuoco affinché il gatto potesse
scaldarsi.
"Ecco fatto, signor Suddito", disse il re al gatto.
E il gatto rispose: "Grazie, signor Re".
E il re non notò neppure che, sebbene fosse il re, serviva il gatto.
Il tempo passava e il re era felice in compagnia del gatto, e il gatto mostrava
al re ogni cosa che il re nella sua solitudine era riuscito a dimenticare: il tramonto, la rugiada del mattino, le conchiglie colorate e la luna che scivolava
attraverso il cielo come la barca dei pescatori sul mare.
Qualche volta accadeva al re di passare davanti a uno specchio, e quando vedeva
la sua immagine diceva: "Il re, urrà". E si salutava. Non era più il campione assoluto dell'isola. Il gatto lo batteva nel salto in alto, in lungo e nell'arrampicata sugli alberi; ma il re continuava a eccellere nel nuoto e nel
lancio della pietra. Un mattino, il re sentì bussare alla porta del castello. Corse ad aprire, pensando: "Arrivano i sudditi". Si trovò davanti un piccoletto con la faccia allegra. Era un pinguino, con la camicia bianca e il frac di un bel nero lucente.
"Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà". "E io sono un pinguino", disse il pinguino.
"Tu sei mio suddito", disse il re.
"Lasciami entrare", ribatté il pinguino; "ho fame e ho i piedi congelati. Sono stufo di abitare su un iceberg".
Il re lasciò entrare il pinguino nella sua casa e gli presentò il gatto, che fu molto felice di fare conoscenza con il pinguino. "Penso che mi fermerò qui con voi", disse il pinguino. 

Il re ne fu felicissimo. Adesso aveva due sudditi. Corse a preparare una buona
cenetta per il pinguino, mentre il gatto portava al nuovo ospite due soffici pantofole.
"Io farò il maggiordomo. Mi ci sento portato", dichiarò il pinguino. "Terrò in ordine il castello e servirò gli aperitivi in terrazza".
Così furono in tre a guardare i tramonti. Ed era ancora meglio che in due. Il re non vinceva più molte gare sportive, perché il pinguino lo batteva a nuoto e nei
tuffi. Scoprì, sorprendentemente, che si può essere contenti anche se non si vince sempre.
Ma una sera, lontano all'orizzonte, apparve la nave del pirata Barbarossa.
"Presto scappiamo a nasconderci", gridò il re.
"Neanche per sogno", disse il gatto. "Siamo in tre e possiamo battere quei prepotenti".
"Certo", ribatté il pinguino. "Basta avere un piano".
"Nell'armeria del castello c'è l'armatura del gigante Latus", disse il re.
"Bene", disse il gatto. "Ci infileremo nell'armatura e affronteremo i pirati". "Il gatto si metterà sulle mie spalle, e il re sul gatto, così potrà brandire la
spada", continuò il pinguino.
"Approvo il piano", concluse il re.
Così fecero. Quando approdarono alla spiaggia, i pirati rimasero paralizzati dalla sorpresa. Verso di loro, a grandi passi ondeggianti, avanzava un gigante
che brandiva un enorme e minaccioso spadone. "E' tornato il gigante Latus!", gridarono. "Si salvi chi può!". E si buttarono in acqua per raggiungere la nave.
Da allora nessuno li vide mai più.
Sulla spiaggia dell'isola il piccolo re, il gatto e il pinguino si abbracciarono ridendo. Poi il gatto e il pinguino sollevarono il re e lo gettarono in aria
gridando: "Re è il migliore amico che c'è, urrà!".

Bruno Ferrero
Occorrente:
Due pan di spagna rettangolari uguali
Cioccolato plastico scuro
Biscottini a sigaretta
 Crema al burro o panna
Preparazione:
Dopo aver preparato i due pan di spagna ,  modellarne uno che fungerà da base,  dandogli una forma appuntita da una parte, e sistemare gli altri pezzi di pan di spagna per realizzare la forma del galeone



Poi  distribuire la panna o crema di burro su tutta la superficie della torta 

prima di iniziare a rivestirla di cioccolato plastico preparato la sera precedente


Ed adesso si inizia a decorare la torta...e si torna un pò bambini!
Prima di tutto si riveste la torta con il cioccolato plastico
poi abbiam aggiunto i biscotti  a sigaretta per costruire altre parti della nave...
è stata aggiunta la sirenetta fatta dalla cuginetta...

... l' ancora

abbiamo fatto le palle dei cannoni, il timone

non vede bene ma c'è pure il baule pieno d' oro....

Ecco i cappellini  per tutti i pirati preparati da mia cognata!

Altre tortine che nonna Lina ha preparato....




Commenti

  1. Andrei con questa nave qualche giorno nei mari del SuD per una rilassante vacanza. E' bellissima, ciao Anna

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  2. Quanta bravura e passione in questa torta!

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  3. Sono senza parole, complimenti davvero ^__^
    Miky

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  4. Grazie dei complimenti, fare queste torte decorate è davvero divertente, non saranno perfette, ma ci avviciniamo sempre più! Poi lavorare con mamma e Sara è un gran piacere!

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  5. E' bellissima, complimenti :) io non avrei saputo da che parte cominciare! Baci, buona giornata

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  6. Ciao, passo per invitarti al mio nuovo contest sulla cucina al microonde!

    http://panperfocaccia-grianne.blogspot.it/2012/05/contest-cucina-al-microonde-con-lekue.html

    Buona serata!
    Cristina

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  7. ciao ! Non so cosa sia più complicato , la torta o intrattenere 30 bambini !!! complimenti, un lavoro incredibile ,sento il tuo orgoglio anche da qui ! Un abbraccione !

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